05/12/20

Sempre a proposito de il David-Pinocchio di Chongqing (Cina)

ln questo video un breve riassunto del workshop che ho tenuto a distanza all'Accademia di Belle Arti del Sichuan a Chongqing. 

Buona visione.


 

 

02/12/20

狄阿乌 ovvero "Diavù" nero come il corvo e il David-Pinocchio di Chongqing (Cina) a prova di Covid-19

Chongqing è l'agglomerato urbano più grande del mondo, con circa 40 milioni di abitanti. 

Sono stato invitato a dipingere un murale e a tenere una mostra personale e un workshop là dal Consolato d'Italia e dall'Accademia di Belle Arti del Sichuan a Chongqing, in occasione della "XX Settimana della Lingua Italiana nel Mondo".

A Chongqing mi hanno ribattezzato 狄阿乌 che si legge "Dí ā Wū" e si può tradurre "nero come il corvo". Una curiosa coincidenza vuole che in Cina, la parola “graffito” (tuya), che si riferisce poi alla Street art in genere, venga dai versi del poeta Lu Tong (790-835) della dinastia Tang: «rovesciò all’improvviso l’inchiostro sulla scrivania, scarabocchiando i classici come corvi», e che sia composta dal carattere tu (da tumo, "scarabocchiare") e da ya (da laoya, ossia "corvo").
 
Ma, tornando all'invito, purtroppo la pandemia di virus Covid-19 non mi ha permesso di andare a realizzare il murale, e siccome credo che la distanza fisica non possa impedirci del tutto di avvicinarci umanamente tra esseri umani, allora mi è venuta un'idea per aggirare il problema. Ho proposto che avrei potuto realizzare il mio murale a distanza, con l'aiuto degli stessi ragazzi dell'Accademia di Belle Arti a cui avrei comunque realizzato il workshop a distanza e che mi avrebbero assistito nella realizzazione dell'opera se fossi stato fisicamente là. 
 
Questo sotto il risultato.
 

 
 
 

12/09/20

"Ricorda. Il futuro nella memoria". Un murale per Liliana Segre a Pesaro

 

Questo che segue è il testo dell'intervento di Diavù, che è stato cortesemente letto alla Senatrice da uno studente, essendo purtroppo l'artista in quel momento fuori Italia per lavoro. 

 «Buonasera a tutti. Vi ringrazio per permettermi attraverso la lettura di queste poche righe di essere qua con voi – malgrado i duemila Km di distanza - a questa presentazione che è per me molto importante. Mi dà gioia immaginarvi in questo momento tutti di fronte alla mia opera, e la più grande emozione me la dà la presenza della Senatrice Segre. E di emozioni vorrei infatti parlarvi. 

Il significato di un’opera tocca le corde del pensiero e dialoga con la nostra ragione, ma è il senso di quell’opera che - senza il bisogno di incasellarla in troppe parole che la spieghino – può arrivare dritto al cuore. È per questo che vorrei accennare al senso di questo mio lavoro, guardandolo assieme a voi. 

Questa è una storia segnata da un grande dolore. Ma io ho voluto lasciare tutto il dolore sullo sfondo. Nei primi giorni di lavoro coi miei bravissimi assistenti Benedetta e Filippo ho operato una demolizione concettuale delle pareti. Tolte parti di intonaco, col colore abbiamo ricreato ferite, ustioni, traumi, lacrime e segni di un tempo doloroso, nei quali vi accorgerete che sbucano qua e là i colori della nostra bandiera italiana. Fummo noi infatti i responsabili di quel dolore, con le leggi razziali del 1938 in poi, ma anche con l’accettazione di pensieri atroci e disumani, e col vile silenzio. Proprio come oggi siamo noi i responsabili della morte e della sofferenza di altri popoli e individui in difficoltà, che ricacciamo verso il loro peggior destino quando ci chiedono aiuto, invece di trovare delle soluzioni per prendercene cura. L’immagine di Liliana Segre bambina in braccio a suo papà Alberto che la sostiene emerge già da sola, calda e vincente, su quello sfondo di dolore. Per la mente un’immagine del passato è soltanto un lontano ricordo, ma io credo che per il cuore è come fosse sempre nel presente. Da quel papà e da quella bimba innamorati e sorridenti si sviluppa il mio ritratto alla Liliana di oggi: come vedete non c’è tempo né spazio a separarli e, guardandola mentre volge il suo sguardo sereno verso l’alto, se voi poteste guardare i suoi occhi da vicino quanto li ho osservati io mentre li dipingevo, vedrete che è lo stesso sguardo di lei bambina. Dal suo viso rifiorisce nuova vita, che si affretta a sbocciare lungo le altre pareti e sulla scala, laddove fanno lo stesso ogni giorno gli studenti di questa scuola. 

Il titolo dell’opera è “Ricorda”. Si può interpretare pensando che sia Liliana a ricordare, ma per me è più un monito a tutti noi: ricordiamolo come fosse nostro tutto il dolore che quella bambina ha vissuto, ricordiamolo bene ciò che l’uomo è in grado di fare ai suoi figli, e ciò che continua a fare a tante persone che noi oggi fingiamo di non vedere, il nostro futuro è già nella memoria, e per sapere come costruirlo nel migliore dei modi ci basta ricordare. 

Grazie di cuore Senatrice Segre, le confido il desiderio che questo mio lavoro sia un fatto concreto abbastanza da far dimenticare tante parole gravi e pesanti, ma pur sempre stupide parole, quelle si da dimenticare».