Una breve visita TV al MURo Museo di Urban Art di Roma e a Diavù durante la realizzazione di un nuovo murale.
Da "Weekly", Rai Uno:
Una breve visita TV al MURo Museo di Urban Art di Roma e a Diavù durante la realizzazione di un nuovo murale.
Da "Weekly", Rai Uno:
La mia ultima opera anamorfica "Viva Buratto!" è nel Parco Pertini ad Arezzo, in Toscana, e si ispira alla Giostra del Saracino, commemorazione e torneo storico in memoria delle invasioni dei mori e delle Crociate che si tiene due volte l’anno in città.
L'opera è influenzata dai nudi classici di Michelangelo, dai cavalli della Battaglia di Anghiari di Leonardo, dagli affreschi di Piero della Francesca e da tante altre meraviglie che i maestri del Medioevo e del Rinascimento ci hanno lasciato in eredità. Tra queste gli studi sulla prospettiva e sull’anamorfosi, illusione ottica data dalla realizzazione di immagini deformate in prospettiva.
“Viva Buratto!” è un’opera anamorfica, cioè le figure a due dimensioni che si vedono all’ingresso del sottopasso sono dipinte e si ‘spalmano’ in realtà tridimensionalmente in oltre 50 metri di pareti e soffitti. È un’illusione. Come un’illusione è il Buratto stesso, questo fantoccio barbuto, “re delle Indie”, nemico immaginario contro il quale i giostratori si lanciano per colpirlo a morte.
Buratto è l’accadimento imprevedibile che sconvolge la quotidianità, è la diversità che ti sfida a scoprirla, è il fenomeno che in fondo ci auguriamo che ci capiti affinché stravolga un po’ la banalità della nostra routine, anche se a costo di distruggere noi stessi, e non solo la routine.
E quest’opera parla proprio di vita e di morte. Il mio cavaliere stavolta non sta partecipando a un gioco, ma è in guerra contro il nemico immaginario da lui stesso creato, e per questo non sta rispettando alcuna regola della Giostra del Saracino.
Sperando che di ciò mi perdonino gli aretini.
«Una bambina adagiata su un prato di margherite suggerisce che è importante prendersi cura della Natura e delle creature delicate. Non a caso campeggia sul muro di un consultorio. A realizzare l'opera: Diavù, uno dei più importanti artisti di arte urbana, anche curatore competente e appassionato di questa pionieristica forma di espressione, che però si rifà alla più antica forma d'arte, quella dei graffiti sui muri (...)».
Da: Tg2 Weekend Estate del 04/09/2021
Servizio di Cinzia Terlizzi, Immagini di Massimo Pinzauti
Questa l'intervista, con il work-in-progress:
ln questo video un breve riassunto del workshop che ho tenuto a distanza all'Accademia di Belle Arti del Sichuan a Chongqing.
Buona visione.
Chongqing è l'agglomerato urbano più grande del mondo, con circa 40 milioni di abitanti.
Sono stato invitato a dipingere un murale e a tenere una mostra personale e un workshop là dal Consolato d'Italia e dall'Accademia di Belle Arti del Sichuan a Chongqing, in occasione della "XX Settimana della Lingua Italiana nel Mondo".
Questo che segue è il testo dell'intervento di Diavù, che è stato cortesemente letto alla Senatrice da uno studente, essendo purtroppo l'artista in quel momento fuori Italia per lavoro.
«Buonasera a tutti. Vi ringrazio per permettermi attraverso la lettura di queste poche righe di essere qua con voi – malgrado i duemila Km di distanza - a questa presentazione che è per me molto importante. Mi dà gioia immaginarvi in questo momento tutti di fronte alla mia opera, e la più grande emozione me la dà la presenza della Senatrice Segre. E di emozioni vorrei infatti parlarvi.
Il significato di un’opera tocca le corde del pensiero e dialoga con la nostra ragione, ma è il senso di quell’opera che - senza il bisogno di incasellarla in troppe parole che la spieghino – può arrivare dritto al cuore. È per questo che vorrei accennare al senso di questo mio lavoro, guardandolo assieme a voi.
Questa è una storia segnata da un grande dolore. Ma io ho voluto lasciare tutto il dolore sullo sfondo. Nei primi giorni di lavoro coi miei bravissimi assistenti Benedetta e Filippo ho operato una demolizione concettuale delle pareti. Tolte parti di intonaco, col colore abbiamo ricreato ferite, ustioni, traumi, lacrime e segni di un tempo doloroso, nei quali vi accorgerete che sbucano qua e là i colori della nostra bandiera italiana. Fummo noi infatti i responsabili di quel dolore, con le leggi razziali del 1938 in poi, ma anche con l’accettazione di pensieri atroci e disumani, e col vile silenzio. Proprio come oggi siamo noi i responsabili della morte e della sofferenza di altri popoli e individui in difficoltà, che ricacciamo verso il loro peggior destino quando ci chiedono aiuto, invece di trovare delle soluzioni per prendercene cura. L’immagine di Liliana Segre bambina in braccio a suo papà Alberto che la sostiene emerge già da sola, calda e vincente, su quello sfondo di dolore. Per la mente un’immagine del passato è soltanto un lontano ricordo, ma io credo che per il cuore è come fosse sempre nel presente. Da quel papà e da quella bimba innamorati e sorridenti si sviluppa il mio ritratto alla Liliana di oggi: come vedete non c’è tempo né spazio a separarli e, guardandola mentre volge il suo sguardo sereno verso l’alto, se voi poteste guardare i suoi occhi da vicino quanto li ho osservati io mentre li dipingevo, vedrete che è lo stesso sguardo di lei bambina. Dal suo viso rifiorisce nuova vita, che si affretta a sbocciare lungo le altre pareti e sulla scala, laddove fanno lo stesso ogni giorno gli studenti di questa scuola.
Il titolo dell’opera è “Ricorda”. Si può interpretare pensando che sia Liliana a ricordare, ma per me è più un monito a tutti noi: ricordiamolo come fosse nostro tutto il dolore che quella bambina ha vissuto, ricordiamolo bene ciò che l’uomo è in grado di fare ai suoi figli, e ciò che continua a fare a tante persone che noi oggi fingiamo di non vedere, il nostro futuro è già nella memoria, e per sapere come costruirlo nel migliore dei modi ci basta ricordare.
Grazie di cuore Senatrice Segre, le confido il desiderio che questo mio lavoro sia un fatto concreto abbastanza da far dimenticare tante parole gravi e pesanti, ma pur sempre stupide parole, quelle si da dimenticare».